Settembre 20, 2024

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Zerocalcare apre al seguito di ‘Strappare lungo i bordi’: “Chissà”

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Un seguito di ‘Strappare i bordi’? Adesso sto smaltendo gli accolli della prima, poi chissà. E’ andata abbastanza bene per poter immaginare di fare un seguito, però poi bisogna vedere se ha senso, se è una cosa che a uno gli va di fare, se ha una cosa da raccontare“. Zerocalcare ha aperto al sequel di ‘Strappare lungo i bordi’, serie tv che sta avendo un enorme successo su Netflix. Il fumettista, presente alla chisura della fiera “Più libri più liberi” alla Nuvola di Fuksas a Roma, ha parlato all’ANSA di questo nuovo progetto: “Di solito nei fumetti metto dei mini riferimenti al testo di una canzone, con l’animazione puoi imporlo. Ho cominciato a fare questa roba, l’ho fatta da solo registrando al telefono. Erano clippini da tre-cinque minuti a settimana, ma me lo potevo permettere perché eravamo in lockdown. Per Netflix è stata un cosa molto più complicata: fare una serie animata di 90 minuti in circa 9 mesi di lavoro, con 200 persone che ci hanno lavorato e che sono iper professioniste e si sono fatte un culo come un secchio, è diverso. Se lo avessi dovuto fare io non sarei stato capace e ci avrei messo forse 150 anni e sarebbe comunque uscito brutto“.

“Nessuno legge la roba mia”

Tutti sorpresi dall’Armadillo? Non mi stupisce. Nessuno si legge la roba mia. Al Pigneto leggono la roba mia. Chi mi ha intervistato nella vita non si è mai letto niente di mio. E’ sempre così. Sono passato dalle immagini fisse a quelle in movimento 3 anni fa per un motivo banalissimo legato alle mie manie del controllo. Volevo imporre alle persone la musica da sentire mentre leggevano le mie storie“.

La passione per il fumetto

Ho la percezione di disegnare da sempre, sono della generazione di quando Topolino vendeva un milione di copie. Disegno da quando ero microscopico. Era la cosa che facevo più di tutto però ho il ricordo che a scuola, fino a 10 anni, ero proprio una pippa in disegno perché mi facevano disegnare cose assurde, lungo i quadratini. Ho cominciato a disegnare storielle intorno ai 12-13 anni, i primi fumetti. Li facevo per me stesso, per i professori, poi è arrivato il punk. Facevo i fumetti per le fanzine. Ma lo scarto tra pippa totale e il dopo non mi ricordo quando è avvenuto“.

Roma Nord e il Vietnam

Quello che mi interessa non è tanto il giudizio su Roma Nord, ma che ci sia lo stesso sguardo sulla periferia, il buon selvaggio o il degrado. Non è cambiato tanto. Ho provato ad affrancarmi dal mio personaggio, ma è uscita una schifezza. Comunque non puoi continuare a far vedere i lati belli se no sei un mitomane. Mi sono posto il problema di mostrare i lati brutti. E’ più interessante raccontare le contraddizioni”.

Fumetto come strumento per il sociale

Fumetto utile per le tematiche sociali e politiche? Lo è tantissimo perché ti permette di parlare di cose complesse. Non viene preso spesso sul serio, ma è figo per questo. E mi sono dato certe regole: rispetto il mio lavoro e cerco di non peggiorare il mondo con la mia roba. Cerco di ricondurre sempre la politica alla collettività“. 

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