Settembre 21, 2024

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L’Italia ricorda Falcone, trent’anni dalla strage di Capaci

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Ci sono episodi che più di altri rimangono scalfiti nella memoria collettiva, che segnano un prima e un dopo e che sopravvivono nonostante lo scorrere del tempo. É il 23 maggio alle ore 17.57 e sull’autostrada A29 perdono la vita il giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta. Un colpo vigliacco all’uomo che aveva deciso di dichiarare guerra alla Mafia e che aveva investito parte nella sua vita in questa lotta difficile e dall’esito incerto. Nell’arco della sua carriera aveva probabilmente inflitto il primo vero colpo basso a Cosa Nostra con il Maxiprocesso dove nell’Aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, furono processati 475 imputati su cui si riversarono ben 2665 anni di reclusione. Il più grande processo mai celebrato al mondo basato principalmente sulle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta e che vide la condanna a morte di Falcone e del collega Borsellino. A trent’anni da questa tragedia che ha scosso l’Italia, le parole di Mattarella risultano davvero agrodolci: «Le visioni d’avanguardia, lucidamente “profetiche”, di Falcone non furono sempre comprese” intervenuto al Foro Italico di Palermo, in occasione dell’anniversario “anzi in taluni casi vennero osteggiate anche da atteggiamenti diffusi nella stessa magistratura, che col tempo, superando errori, ha saputo farne patrimonio comune e valorizzarle.” Falcone ha lottato con le unghie e con i denti per far si che la giustizia trionfasse e forse con una sua celebre frase esplicò in pieno il senso del dovere, morale e civile: “Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche e cambiare, c’è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Parole profetiche di un uomo che ha dovuto sacrificare la sua vita per dare la possibilità di viverne una dignitosa agli altri, a chi ancora viene schiacciato da “una montagna di merda”.

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